“Un estraneo fra noi” sarebbe il caso di dire, perchè quello del Coordinatore genitoriale (Parenting coordinator) è un istituto di origine statunitense introdotto recentemente anche in Italia da alcuni Tribunali di merito (come ad esempio Milano e Mantova), che non ha ancora trovato collocazione nel nostro codice civile.
Nella prospettiva di eliminare l’aspetto patologico del processo familiare, cui ricorrere come extrema ratio quando il conflitto genitoriale non possa essere risolto con strumenti alternativi, si inserisce anche la figura del Coordinatore genitoriale, accanto ad altri istituti già regolamentati all’interno e all’esterno del processo quali il CTU, il CTP, il Mediatore familiare, i Servizi sociali, il Curatore speciale del minore o il caregiver familiare.
Il Coordinatore genitoriale ha il compito di dirimere il conflitto della coppia al fine di salvaguardare il superiore interesse del minore coinvolto nella crisi della sua famiglia, garantendogli la più ampia tutela a fronte della eccessiva litigiosità dei genitori, sempre più impegnati nella reciproca svalutazione delle proprie figure durante la crisi familiare.
Ecco che il Coordinatore, già chiamato per la prima volta nel 2016 dal Tribunale di Milano a dare prova di equilibrio ed imparzialità, dovrebbe prevenire ulteriori e faticosi ricorsi all’Autorità giudiziaria dopo la separazione e il divorzio, rendendosi forse più opportuna la sua nomina successivamente alla definizione del processo e all’adozione delle condizioni di frequentazione, affidamento, visita e mantenimento dei figli minori o economicamente non autosufficienti.
Una volta ottenuto il consenso dei genitori alla sua nomina, egli sarà chiamato a svolgere una ampia serie di attività di gestione vera e propria, seppur in specifici e limitati ambiti di intervento individuati dal giudice, non essendo possibile demandare completamente al professionista incaricato ogni e qualsivoglia decisione relativa alla crisi della famiglia.
E la funzione più importante che il coordinatore è chiamato a svolgere riguarda propriamente le decisioni relative al minore nella sua quotidianità, vale a dire le scelte scolastiche, mediche, ludiche, formative e di crescita che sono quelle che maggiormente acuiscono il conflitto genitoriale.
Il Tribunale di Milano, nel provvedimento del 2016, conferisce al coordinatore anche l’ulteriore compito di “segnalare con urgenza all’autorità giudiziaria minorile ogni condizione di concreto pregiudizio psicofisico del minore che venisse a ravvisare”, non potendo intraprendere iniziative autonome in assenza di una legittimazione processuale diretta incompatibile con la connotazione privata del suo incarico.
Altresì nel 2017 il Tribunale di Mantova si risolveva a nominare il Coordinatore al fine di dirimere l’elevata conflittualità dei genitori, con compenso a loro carico e con durata rigidamente predeterminata non oltre l’anno.
Non essendo disciplinato a livello legislativo e codicistico nel nostro ordinamento (attualmente è al vaglio del legislatore un disegno di legge del 2018) ci si trova ad affrontare due ordini di problemi: il primo, legato alla stessa previsione codicistica del Coordinatore in presenza di un organo giudiziario quale il Giudice tutelare, già preposto al controllo dell’osservanza dei provvedimenti adottati in favore della prole e, il secondo, legato al compenso del professionista, attualmente a carico delle parti.
A fronte di queste incertezze si rende necessaria quanto prima una attenta analisi da parte del legislatore con l’adozione di adeguati provvedimenti, soprattutto in ordine alla coordinazione con il Giudice tutelare, potendosi il professionista porre quale ausiliario del giudice con il compito di relazionare e segnalare i casi che maggiormente rischiano di alterare l’equilibrio psico-fisico del minore nella gestione della crisi genitoriale, oltre alla finalità deflattiva nel ricorso all’Autorità giudiziaria.
Relativamente al compenso del Coordinatore genitoriale, viene da chiedersi chi lo stabilirà: il Giudice? O dovrà essere pattuito tra le parti e, se così fosse, in base a quali indicazioni o parametri?
E ancora: i genitori meno abbienti, magari ammessi al patrocinio a spese dello Stato per i procedimenti di separazione e divorzio, sono forse meno conflittuali e litigiosi rispetto a chi ha maggiori disponibilità economiche?
Chi dovrà allora sostenere gli oneri del Coordinatore?
Resta un ultimo interrogativo: a chi è demandato il compito di “controllare” il Coordinatore stesso, dovendo egli mantenere imparzialità ed obiettività nei rapporti con entrambi i genitori, evitare conflitti di interessi e coinvolgere sempre, nella sua attività di coordinazione, i procuratori delle parti e gli altri operatori se presenti, quali i Servizi sociali e i periti del giudice e delle parti.
A tal proposito, si rimanda a quelle che sono le linee guida adottate dalla AFCC (Association of Family and Conciliation Court) nel 2003-2005 che riunisce le maggiori organizzazioni nazionali ed internazionali che si occupano di coordinazione genitoriale, al fine di trovare un indirizzo unitario per la definitiva introduzione di tale figura nel nostro ordinamento, che aiuti le coppie in conflitto a non ritrovarsi nella medesima situazione di “Kramer contro Kramer”.