Le DAT, comunemente indicate come “Testamento biologico”, “Biotestamento” o “Living will”, sono regolamentate dalla Legge n. 219 del 02/12/2017, entrata in vigore il 31/01/2018, e colmano un vuoto normativo prevedendo la possibilità di esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nel rispetto degli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La citata legge, recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, affronta una tematica delicata quale quella di consentire ad un individuo di dichiarare il proprio orientamento e la propria volontà sulle scelte di fine-vita, spostando l’attenzione dalla malattia al paziente inteso come persona che ha il diritto, e non il dovere, di vivere la propria vita.
Il paziente (disponente) e il medico vengono così a trovarsi in una situazione di collaborazione consapevole ed equilibrata tra autonomia decisionale e competenza terapeutica, indispensabile alla formazione informata del consenso (o non-consenso) alle cure.
La norma, all’art. 4, a tutela della dignità, della salute e del diritto di autodeterminazione della persona, ribadisce il principio in base al quale nessun trattamento sanitario, accertamento diagnostico e/o scelta terapeutica, possano essere iniziati o proseguiti in assenza del consenso libero e informato della persona interessata, salvo casi espressamente previsti.
Con le DAT le persone possono dare indicazioni sui trattamenti sanitari da ricevere o da rifiutare nel caso in cui si trovassero in condizioni di eventuali future incapacità nel decorso clinico di una malattia o per traumi improvvisi, dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 219/2017, nei trattamenti sanitari e terapeutici vengono ricomprese anche la nutrizione e l’idratazione artificiale (articolo 1, co. 5), che ora possono essere rifiutate dal disponente.
La giurisprudenza, inizialmente recalcitrante ad accettare questi importanti cambiamenti clinici ed etici, ha finalmente tracciato il sentiero da percorrere quando, con la nota sentenza della Cassazione n. 21748/2007 (caso Englaro) ha autorizzato l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale della paziente; secondo la Corte, il diritto del singolo alla salute comporta anche il diritto di rinunciare alla salute, di non curarsi, e di vivere la fase finale della propria esistenza con dignità, finanche lasciandosi morire quando “la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benchè minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 262/2016, ha stabilito che “data la sua incidenza su aspetti essenziali della identità e della integrità della persona, una normativa in tema di disposizioni di volontà relative ai trattamenti sanitari nella fase terminale della vita – al pari di quella che regola la donazione di organi e tessuti – necessita di uniformità di trattamento sul territorio nazionale, per ragioni imperative di eguaglianza”.
Il disponente deve essere maggiorenne e deve essere capace di intendere e volere; qualora egli non fosse nelle condizioni di poter firmare, avrà la possibilità di sottoscrivere l’atto in presenza di due testimoni, o manifestare le sue DAT attraverso una videoregistrazione o un altro dispositivo che gli consenta di comunicare.
Nel caso di paziente minore o incapace e, pertanto, rappresentato senza aver espresso alcuna DAT, si potrà risolvere l’empasse con il ricorso al Giudice Tutelare indicando la norma, quali soggetti legittimati, il rappresentante dell’incapace, il medico, il rappresentante della struttura sanitaria e, in generale, i soggetti di cui all’art. 406 c.c.
Le DAT si possono esprimere in diversi modi.
L’atto può essere ricevuto da un Notaio, sia con atto pubblico sia con scrittura privata autenticata; in alternativa, l’ufficiale di stato civile del Comune di residenza può ricevere la scrittura privata o, ancora, presso le strutture sanitarie competenti nelle regioni che abbiano regolamentato la raccolta delle DAT.
La legge ha previsto la possibilità (non l’obbligo) di nominare un fiduciario che possa sostituire il disponente, nel frattempo divenuto incapace, sia nei rapporti con i medici sia con la struttura sanitaria di riferimento stabilendo che, in caso di contrasto tra fiduciario e medico, si debba adire l’Autorità giudiziaria rimettendo la decisione al Giudice Tutelare.
Il fiduciario non è obbligato ad accettare l’incarico e può, in ogni caso, essere revocato in caso di contrasto con il disponente, senza obbligo di motivazione; egli deve assicurarsi che la volontà del disponente venga rispettata, ed è vincolato al contenuto della delega conferita.
Dal 01/02/2020 è in vigore la nuova Banca dati nazionale delle DAT presso il Ministero della Salute, istituita con decreto ministeriale n. 168 del 10/12/2019, al fine di raccogliere le copie dei testamenti biologici depositati, garantire gli aggiornamenti in caso di rinnovo, modifica o revoca delle DAT e, soprattutto, per assicurare la piena accessibilità delle DAT, sia al medico che ha in cura il disponente in situazione di incapacità di autodeterminarsi, sia da parte del paziente o del fiduciario, se nominato.
In ogni caso, stante l’importanza e la delicatezza dell’argomento, è auspicabile una maggiore sensibilizzazione al fine di assicurare la consapevolezza delle proprie scelte ad ogni cittadino e il rispetto delle stesse da parte dei soggetti a ciò deputati.